Orfeo sardo – bestiario, suoni e parole

Orfeo sardo – bestiario, suoni e parole

Testo di Orlando Forioso

Musiche di Gavino Murgia

Creazione : 4 agosto 2019 – Carbonia, Teatro di Monte Sirai

Con

ORFEO Gavino Murgia musica e canto / Andrea Tedde attore

EURIDICE Lea Antona canto / Noemi Medas attrice

ARISTEO Orlando Forioso attore

PERCUSSIONI Jarrod Cagwin musicista

Costumi : Marco Nateri – Concessi gentilmente dalla Sovrintendenza del Teatro Lirico di Cagliari

Regia Orlando Forioso

Produzione TeatrEuropa per LE NOTTI DI MONTE SIRAI 2019 : Orfeo / Latte, amore e fantasia.

Che Orfeo fosse pastore ce lo dice il mito, che amasse Euridice lo immaginiamo, che ci fosse un Caino/Aristeo a rompere le scatole ci sembra evidente, ma che Orfeo fosse riuscito ad arrivare negi inferi per riportare a casa la sua donna morta ci sembra la cosa più sicura. Perchè? Perchè Orfeo canta e suona, e con il suo canto ammansisce le bestie feroci, il vento, gli dei, figurarsi i diavoli o le entità infernali.

La voce crea e disfa mondi e ci accompagna in universi sconosciuti, fuori e dentro di noi.

La Sardegna, isola e terra tra le più antiche, posta al centro del Mediterraneo, è da sempre matrice di suoni. Suoni prodotti con la voce, con canne, con il soffio con pelli e vesciche di animali. Queste premesse lasciano immaginare quanto sia perfetto il connubio con la parola, con l’oralità, il racconto ed il mito, che vivono dentra il DNA della memoria. Un’eredità di suoni e di storie della Storia dell’uomo. Sonorità senza tempo che compongono un racconto universale. Quest’isola con la sua lingua dai suoni mistici e misteriosi e le sue maschere demoniache, è sicuramente la terra di Orfeo.

Basta il suono di uno strumento per evocarla questa terra; una voce per incantarci e poi altre per incontrarci, in una polifonia tra il suono umano ed i suoi limiti.

Ma Orfeo non è ieri, è oggi. Non è folclore, è necessità. É contaminazione di suoni e voci, di strumenti e ritmi, di parole e risate e gioco e improvvisazione, di immagini evocatrici e rituali, di vino e formaggio, di amore e morte.

Tutto sarà frammentato nello spettacolo/concerto, come lo possono essere le tracce di un disco, i versi di poesie che più amiamo e che cerchiamo di recuperare nella memoria, come il racconto di di una passione che è più un frammento che una vera storia d’amore.

L’amore non lo si racconta, lo si vive.

E c’è il frammento di quel “altrove”, di quel mondo da evocare, a cui volentieri vorremmo rubare le persone care che tanto ci mancano, e averle con noi, anche solo per un breve tempo, per un istante.

Ecco, è la dilatazione di quell’istante lo scopo di Orfeo, un tempo che vuoi che non finisca mai e lui lo riempie di suoni e di voci.

Che ci riesca o meno Orfeo a riportare a casa Euridice, non si sa. Forse no. Ma forse, è Euridice che piange Orfeo, in un gioco di ruoli. Forse si struggono entrambi al suono di un sassofono, pensando che è l’assenza che crea la mancanza.

“Che farò senza Euridice? Che farò senza il mio ben?”.     

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